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Postilla » Diritto » Il Blog di Guido Scorza » privacy » Nessuna amnesia collettiva a tutela del diritto all’oblio

28 marzo 2013

Nessuna amnesia collettiva a tutela del diritto all’oblio

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E’ una bella decisione che rappresenta una  tappa importante nell’individuazione della necessaria posizione di equilibrio tra il diritto alla privacy del singolo e quello all’informazione dei media e della collettività, quella resa dal Garante per la protezione dei dati personali lo scorso 24 gennaio.

La vicenda all’origine della decisione è una delle tante nelle quali, una persona lamenta la lesione del proprio diritto alla privacy [n.d.r. nella sua peculiare declinazione di c.d. “diritto all’oblio”] in conseguenza della pubblicazione negli archivi storici online di un quotidiano di una notizia con la quale si dava conto del proprio coinvolgimento in un procedimento giudiziario ma non anche dell’evoluzione del giudizio che aveva condotto al proprio proscioglimento.

Secondo uno schema ormai tipico, il ricorrente ha chiesto al Garante per la privacy di ordinare la cancellazione dell’articolo ormai non più attuale e, questa volta – anche se solo in subordine – di disporne l’aggiornamento a cura dell’editore oltre che, in ogni caso, la disindicizzazione dei contenuti incriminati dai motori di ricerca “generalisti”.

Puntuale, precisa e senza sbavature la risposta del Garante per la privacy non si è fatta attendere.

Nessun ordine di cancellazione dei contenuti in questione perché “il trattamento dei dati personali del ricorrente[…,] a suo tempo effettuato in modo lecito per finalità giornalistiche, nel rispetto del principio dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, rientra ora, attraverso la riproposizione dei medesimi dati negli articoli pubblicati quale parte integrante dell’archivio storico del quotidiano reso disponibile on-line sul sito Internet dell’editore resistente, tra i trattamenti effettuati al fine di concretizzare e favorire la libera manifestazione del pensiero e, in particolare, la libertà di ricerca, cronaca e critica anche storica”.

Nessun dubbio, d’altra parte, secondo il garante che l’identità personale del ricorrenti che questi ha, certamente, diritto a veder tutelata sia costituita da quanto accaduto nel passato, raccontato puntualmente ed in modo legittimo nell’articolo “incriminato” e da quanto poi avvenuto, ovvero dal suo proscioglimento all’esito del giudizio nel quale era stato coinvolto.

E’ muovendo da questo convincimento – largamente condivisibile e, d’altra parte, già fatto proprio dalla Suprema Corte di Cassazione – che il Garante ha stabilito che “le predette richieste di integrazione/aggiornamento formulate dal ricorrente debbano essere accolte e che pertanto l’editore resistente debba provvedere a predisporre un idoneo sistema nell’ambito del citato archivio storico, idoneo a segnalare (ad esempio, a margine dei singoli articoli o in nota agli stessi) l’esistenza del seguito o dello sviluppo della notizia in modo da assicurare all’interessato il rispetto della propria (attuale) identità personale, quale risultato della completa visione di una serie di fatti che lo hanno visto protagonista e ad ogni lettore di ottenere un’informazione attendibile e completa (nel caso di specie dovrebbe darsi conto del completo proscioglimento dell’interessato da ogni addebito penale secondo le indicazioni formulate dall’interessato medesimo nell’atto di ricorso o con altra formulazione ritenuta idonea)”.

Nessuna amnesia collettiva né obbligo di artificiosa manipolazione della storia come, troppo spesso, sin qui accaduto, dunque, a tutela del diritto all’identità personale e all’oblio del singolo ma, più semplicemente, un obbligo – da parte di chi tratti altrui informazioni personali – di mantenerle aggiornate così da offrire una ricostruzione integrale ed attuale dell’identità personale di ciascuno.

Un passo decisamente importante verso la soluzione di una questione che, negli ultimi anni, ha frequentemente minacciato di vedere i diritti all’informazione, alla cronaca e, persino, alla storia schiacciati sotto peculiari ed originali re-interpretazioni del diritto al c.d. oblio.

Bene ma, probabilmente, si può fare di più.

Due le principali sfide che restano sul tavolo.

La prima.

La disindicizzazione da parte dei motori di ricerca sin qui ritenuta necessaria  a tutela del “diritto all’oblio” del singolo, perde di significato e di fondamento giuridico nel momento in cui il contenuto indicizzato diviene – a seguito dell’obbligo di aggiornamento ed integrazione – fedele ed integrale rappresentazione dell’identità personale del singolo.

Se l’informazione online è corretta anche sotto il profilo della disciplina sull’identità personale non c’è più ragione per ghettizzarla nel limbo di quei contenuti che possono sopravvivere a condizione che si vedano poco perché nascosti ai motori di ricerca che costituiscono oggi la principale porta di accesso all’informazione online.

La seconda.

L’obbligo di aggiornamento dei contenuti legittimamente pubblicati deve sorgere solo a seguito della richiesta di aggiornamento da parte dell’interessato e deve essere circoscritto alla pubblicazione delle informazioni fornite all’editore da parte dell’interessato senza commenti e con adeguata documentazione che ne provi la veridicità.

Imporre ad un editore – ma anche ad un blogger o ad un qualsiasi citizen journalist – un onere di costante aggiornamento – a prescindere da ogni richiesta dell’interessato – di tutte le informazioni pubblicate sarebbe, infatti, per un verso inattuabile e, per altro verso, un’eccessiva ingerenza nella propria attività di impresa e/o di informazione.

Significherebbe che, data notizia, di un arresto di chicchessia nell’ambito di un determinato fatto di cronaca, un editore si ritroverebbe “costretto” vita natural durante, a monitorare l’evoluzione dell’intero giudizio per verificare ogni significativa evoluzione nei fatti raccontati.

Legittimare chiunque ad ottenere l’aggiornamento delle informazioni – evidentemente negative [n.d.r. difficile che qualcuno contesterà mai ad un editore di non aver aggiornato la notizia della sua assoluzione con quella della sua successiva condanna in appello] – senza imporgli di documentare la veridicità della richiesta, infatti, renderebbe straordinariamente facile hackerare il sistema e fare in modo che ciascuno tenti di ottenere, sempre e comunque, il miglior possibile ritratto di sé stesso.

La strada, insomma, è quella giusta anche se, ancora, c’è molto lavoro da fare e, probabilmente, il Garante ha bisogno di un supporto legislativo che lo sollevi dal compito di supplenza che, pure, in questa vicenda, ha dimostrato di saper bene amministrare.

Letture: 7171 | Commenti: 3 |
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3 Commenti a “Nessuna amnesia collettiva a tutela del diritto all’oblio”

  1. Nessuna amnesia collettiva a tutela del diritto all’oblio | Guido Scorza | Internet, diritto e politica dell'innovazione scrive:
    Scritto il 28-3-2013 alle ore 20:57

    […] qui su […]

  2. Pietro scrive:
    Scritto il 4-4-2013 alle ore 09:32

    La notizia è un prodotto. Si vendono meglio quelle che hanno un alto contenuto emotivo, come possono essere i fatti di cronaca.

    L’arte del giornalista è anche quella di mettere un po’ di emozioni se la notizia ne è carente.

    L’editore guadagna sulle notizie che vende. A volte si guadagna sulla pelle e sulla reputazione delle persone.

    Se queste sono famose si guadagna due volte: quando sono tradotte in manette e poi quando vengono assolte.

    Se invece si tratta di un qualsiasi signor Rossi (esclusi Pabito, Valentino & co.), l’essere scagionati non fa notizia, non rende all’editore, e al malcapitato tocca dover tirare fuori le carte ogni volta che qualcuno gli ricorda la parte negativa della sua vicenda.

    Io credo che la pubblicazione di una notizia negativa per un soggetto non possa esimere l’editore dal monitorare l’intera vicenda e dal pubblicarne l’esito conclusivo, qualsiasi esso sia, almeno sul proprio archivio in rete.

  3. Diritto Mercato Tecnologia » “Uno, nessuno e centomila”: tra reputazione online e diritto all’oblio. Montuori (Garante Privacy): “Importante capire il diritto alla contestualizzazione dell’informazione” scrive:
    Scritto il 14-4-2014 alle ore 10:26

    […] qui resta da capire quali siano gli oneri in capo all’editore, se sia cioè suo compito tenere aggiornati gli archivi con un’onerosa opera di costante […]

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